L’Attesa - Atto IV
E adesso? Non ti vedrò mai più? Credo che ti sei nascosta, ti sei svegliata; la meraviglia che ti rendeva cieca è passata. Adesso vedi, vedi e quindi fuggi - ah! quei perduti dì! Gioia della mia eterna sconfitta. Certamente ti sei arrabbiata colle mie lettere, rozze che non dicevan nulla; parecchie parole per dire niente. La paura di offendere mi ha tolto le frasi; la paura di aver fretta, la paura della paura.
Tutt’intorno s’era dipinto di un nuovo colore. Era dipinto. Centinaia di fiori crescevano, le nuove speranze; il passato era già lontano, come um vecchio canto, come la guerra. L’attesa; somigliava il nuovo amore.
La sveglia è suonata, il passato ha pigliato il suo posto ed è diventato il mio presente, lo stesso passato, il sole s’è ne andato; e comunque sia, l’anima mia è nel tuo cielo, come un filo appeso al vento, un sogno che non c’è. Ecco perché muoiono i fiori; l’attesa.
La sveglia è suonata; ti sei svegliata. Non posso impedirti di veder la realtà; non posso nascondermi - dunque tu mi vedi com’io sono. E so che non ti sei piaciuta. Te ne sei andata; l’ultimo avanzo d’una stirpe infelice e sul nemico acciaro mi abbandonerò.
Per me la vita è orrendo peso, l’Universo intero è un deserto. Ingrata donna, mentr’io mi struggo in disperato pianto, tu ridi su accanto! Ahimè. Torno al giorno comune e ignoto, a quella esistenza ove i giorni son l’eterna riproduzione uno dell’altro. Porquoi me réveiller?
Eh, la Solitudine Infinita, la Solitudine Trimegista, la dea degli stupidi che vivon di speme, della speme altrui.
E come dare un senso ai sensi?
* * *
Rispetta almen le cenere di chi muore per te... senza conoscerti.
(com licença poética aos diversos trechos de árias e músicas citados)
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